Il pensiero che guida il mio lavoro terapeutico prende spunto dalla teoria sistemico – relazionale, ideata da Gregory Bateson che, tra gli anni 20 e 30, introduce il concetto di soggetto contestuale.
Con questo termine, Bateson, teorizza che la personalità umana sia l’esito di processi interattivi e che la soggettività venga perciò costruita interagendo con l’ambiente e con gli altri individui.
Pensare in termini sistemici significa quindi considerare il soggetto in costante interazione e connessione con gli altri membri del sistema e non più come una monade isolata.
Altra parola chiave dell’approccio sistemico riguarda l’impossibilità a non comunicare; ogni parola, ogni gesto, ogni decisione comunica qualcosa a chi sta intorno a noi.
La conversazione è per eccellenza il mezzo di connessione indispensabile alla sopravvivenza.
La necessità di mantenere l’appartenenza con un sistema di relazioni significativo vincola tutti, benché in vario modo e a vario titolo di corresponsabilità, nel mantenere la trama conversazionale.
In questa visione, che vede la mente come un processo conversazione costruito da tutti i partecipanti alla relazione, il modo in cui il sintomo si esprime consente di afferrare la globalità della trama che lega tutti i personaggi coinvolti; il sintomo non è altro che un messaggio carico di significato, che il paziente manda al suo sistema d’appartenenza.
Questo approccio è pertinente con una visione olistica della realtà che non si appoggia su un concetto lineare classico di causa – effetto; il comportamento problematico non viene quindi ricondotto alla persona in questione ma inserito e compreso nella rete relazionale alla quale appartiene.
In questo modo viene modificata radicalmente la posizione del paziente come capo espiatorio di una situazione o vittima di qualche malevola volontà.
Compito del terapeuta è quello di sciogliere i grovigli comunicativi per rendere comprensibile il messaggio, guardarlo da una prospettiva diversa e poterlo quindi comunicare diversamente.